Rassegna Stampa 2017
Alla Sala Chopin l’Associazione Napolinova omaggia Annamaria
Pennella con un concerto di Antonio Pompa-Baldi e degli alunni del
suo master pianistico
Scomparsa nello scorso giugno, ad oltre 90 anni di età, la napoletana Annamaria Pennella è stata una grande pianista (si diplomò ad appena 13 anni, perfezionandosi con Arturo Benedetti Michelangeli e Marguerite Long) ed un’insuperata didatta. Proprio uno dei suoi alunni più prestigiosi, il foggian o Antonio Pompa-Baldi, oggi attivo a Cleveland, ha voluto dedicarle una serata, in occasione del consueto master di fine anno tenuto a Napoli ed organizzato dall’Associazione Napolinova. Così, prima di lasciare spazio all’esibizione dei part ecipanti, Pompa-Baldi, insieme ad Alfredo de Pascale, direttore artistico dell’associazione, ha dato vita ad alcuni dei tanti ricordi di un legame, mantenuto saldamente nel tempo, anche quando la distanza non permetteva una frequentazione più assidua. In particolar e ha ricordato che, poco più che maggiorenne, fu spronato dalla Pennella a riprendere una carriera ormai sul punto di concludersi e quindi, se oggi è diventato un musicista di successo, lo deve principalmente a lei. Pompa-Baldi ha ancora ten uto a sottolineare come la grande pianista amasse trasmettere la sua esperienza agli allievi e fosse quanto mai prodiga di consigli, qualità abbastanza rara fra gli artisti di un certo livello, ed inoltre sosteneva che insegnare lo strumento con metodi di apprendimento predeterminati avesse scarso significato. Il discorso si è poi spostato sulle “scuole” , in quanto la Pennella va inquadrata, a pieno titolo, nella cosiddetta “Scuola pianistica napoletana”, che secondo il maestro de Pascale non produce più talenti da molti decenni, per cui va considerata ormai estinta. Pompa-Baldi, invece, ha sempre considerato il discorso delle scuole piuttosto fuorviante, in quanto risulta legato a fattori che dipendono non solo dalla maggiore o minore bravura di un interprete, nel momento in cui ricopre il ruolo di docente, ma che devono tenere conto anche della qualità degli alunni a disposizione, in quanto può capitare una generazione ricca di talenti, seguita da altre quasi totalmente prive. Il musicista pugliese ha voluto chiudere il suo contributo, eseguendo alcune raffinate elaborazioni pianistiche di Roberto Piana, relative a motivi famosi, portati alla ribalta da Edith Piaf, che la Pennella amava molto ascoltare. Il successivo concerto degli all ievi della master, ha messo in evidenza sei pianisti giovani e giovanissimi, alcuni dei quali già ascoltati in precedenti occasioni. Ad aprire la seconda parte della serata è stato Gabriele De Feo, confrontatosi con il movimento conclusivo della Sonata op. 2 n. 1 di Ludwig van Beethoven (1770-1827), pubblicata da Artaria nel 1796, insieme ad altre due, con dedica ad Haydn.Il successivo Intermezzo n. 2 in la maggiore, dai Sei pezzi per piano, op. 118 di Johannes Brahms (1833-1897), metteva in evidenza Maria Rosaria Rossi, interprete di grande sensibilità, apparsa visibilmente emozionata. Al Novecento si è invec e affidato Luca Giordano, interpretando i Sarcasms, op. 17 di Sergej Prokofiev (1891-1953), lavoro completato nel 1914, dove l’autore raggiunse uno dei punti di massima adesione alle nuove istanze di inizio secolo, entrando di diritto nella lista dei compositori russi da tenere sotto controllo. Dopo il Beethoven giovanile, q uello della maturità, scelto da Laura Sebastiani, con la proposizione dei primi due tempi della Sonata in mi maggiore op. 109, dedicata a Maximiliane Brentano, giovane figlia di Franz Brentano, all’epoca amico e principale mecenate del compositore tedesco. Pasquale Evangelista ha invece eseguito lo Scherzo in mi maggiore, op. 54 di Fryderyk Chop in (1810-1849), risalente al 1842, caratterizzato dall’avere dedicatarie diverse a seconda dell’edizione (Clotilde de Caraman per quella parigina di Maurice Schlesinger, la sorella Jeanne de Caraman per quella tedesca pubblicata da Breitkopf & Härtel). Ultimo interprete della serata Luciano Boidi, che ha attinto sia dalla produzione di Brahms, con tre delle Sette fantasie op. 116, pubblicate nel 1892, sia dal repertorio chopiniano con lo Studio n. 10 in si minore, appartenente ai Dodici studi, op. 25, editi a Parigi nel 1837 e dedicati a Marie de Flavigny contessa d’Agoult. In conclusione una serata ch e ha onorato nel migliore dei modi la memoria di una grande figura del Novecento musicale europeo, evidenziando la bontà degli insegnamenti della Pennella, attraverso uno dei suoi allievi di maggior spessore, Antonio Pompa-Baldi, docente di un gruppo di giovani ai quali auguriamo di seguire le orme del loro maestro.
I “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova evidenziano l’assoluto talento della clarinettista quindicenne Iolanda Lucci
Foto di Max Cerrito
Il recente appuntamento dei “Pomeriggi in Concerto alla Sala Chopin”, rassegna organizzata dall’Associazione Napolinova e affidata alla direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale, ha portato alla ribalta Iolanda Lucci, clarinettista quindicenne residente a Bacoli (Na).
Accompagnata al pianoforte da Raffaele Nardella, la musicista ha aperto il suo recital con una versione cameristica del Concerto in la maggiore per clarinetto ed orchestra K. 622, fra le ultime pagine di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791).
Il brano venne composto per Anton Stadler, virtuoso dello strumento e amico massone, che lo propose nel corso di un concerto di beneficenza a Praga nel 1791, riscuotendo un discreto successo.
E’ quasi sicuro che il concerto fosse stato concepito per corno di bassetto, strumento che Stadler amava spesso suonare, caratterizzato da un’estensione più ampia del clarinetto nei toni gravi, ma il manoscritto autografo si è perso e la parte solistica giunta ai nostri giorni, sicuramente non originale e di autore anonimo, fu pensata tenendo conto della larga diffusione del clarinetto a scapito del suo stretto parente.
Dopo un brevissimo intervallo toccava alla Sonata in mi bemolle maggiore op. 120 n. 2per clarinetto e pianoforte di Johannes Brahms (1833-1897), pezzo che appartiene ad un inaspettato supplemento della stagione creativa dell’autore.
Nel 1890, infatti, il musicista tedesco era ormai convinto di essere giunto alla fine della sua carriera compositiva ma, all’inizio dell’anno seguente, si recò a Meiningen per contattare Fritz Steinbach, da poco divenuto direttore della locale orchestra al posto di Richard Strauss.
La compagine aveva in organico Richard Mühlfeld, violinista che, di punto in bianco, aveva lasciato il gruppo degli archi per passare nei fiati come clarinettista.
Il suo suono e la sua bravura colpirono Brahms, che decise di scrivere per lui alcuni lavori, fra i quali due sonate, catalogate come op. 120, rispettivamente in fa minore e in mi bemolle maggiore, completate entrambe nel 1894, durante il soggiorno estivo a Bad Ischl.
Il concerto si chiudeva con Invito alla Danza, op. 65 di Carl Maria von Weber (1786-1826), definito dall’autore “rondo brillante per pianoforte”, creato nel 1819 e reso celebre grazie alla versione orchestrale curata da Berlioz nel 1841.
Per quanto riguarda la protagonista, Iolanda Lucci, nonostante la giovanissima età, ha mostrato una sicurezza veramente invidiabile, abbinata ad un grande virtuosismo, un suono nitido e privo di sbavature, notevole versatilità ed una impressionante sensibilità, soprattutto nella sonata brahmsiana, colta nelle sue intense sfumature, dove si possono leggere i rimpianti e le malinconie di un’esistenza vicina alla conclusione.
Molto bravo anche il pianista Raffaele Nardella, apparso un ottimo e affiatato accompagnatore, nell’ambito di un duo che ha conquistato il numeroso e, come sempre, oltremodo irrequieto pubblico della sala Chopin, omaggiato con un bis incalzante tratto dalla tradizione klezmer.
In conclusione, ancora una volta i “Pomeriggi in Concerto” hanno proposto, come accade da tantissimo tempo a questa parte, un talento del quale certamente sentiremo parlare nei prossimi anni.
Il concerto dell’Orchestra Giovanile Napolinova al Teatro Bellini mette in evidenza una compagine in continuo progresso e una solista di enorme talento
Articolo di Marco Del Vaglio
L’appuntamento di gennaio con “Domenica in Concerto”, rassegna dell’Orchestra Giovanile Napolinova che si svolge al Teatro Bellini ed è affidata alla direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale, ha visto la compagine confrontarsi con due brani di Mozart, il Concerto per violino ed orchestra n. 5 in la maggiore K. 219 e la Sinfonia n. 29 in la maggiore K. 201, scritti entrambi a Salisburgo, quando l’autore era al servizio del principe-arcivescovo Hieronymus von Colloredo.
Il concerto risale al 1775, ultimo di un gruppo di cinque, tutti composti nel medesimo anno, rappresentativi dell’intera produzione per violino ed orchestra di sicura attribuzione mozartiana.
In particolare il terzo e conclusivo movimento del pezzo contiene un motivo legato a reminiscenze turche (all’epoca molto di moda), creato in un primo tempo per il balletto “Le gelosie del serraglio”, da inserire nel “Lucio Silla”, che l’autore non completò mai.
La sinfonia è invece dell’anno precedente e risulta indicativa del passaggio di Mozart da un modello di tipo italiano, mutuato tramite Johann Christian Bach, ad uno molto affine ad Haydn, comunque abbinato a soluzioni originali ed innovative, per cui la K. 201 può essere considerata una delle massime vette della produzione giovanile dell’autore austriaco.
Per quanto riguarda gli esecutori, la più attesa era sicuramente Federica Tranzillo, solista nel concerto per violino che, nonostante la giovanissima età, ha alle spalle una notevole esperienza.
La violinista non ha deluso le aspettative, evidenziando un suono nitido, abbinato ad un’interpretazione di grande solidità e sicurezza, in perfetto equilibrio fra passionalità e rigore.
Siamo indubbiamente di fronte ad un enorme talento, che ha anche avuto la fortuna di incontrare sulla sua strada un docente del calibro di Felice Cusano, abile nel condurla, in questi come nei prossimi anni, ad una progressiva maturazione.
E non è certamente un caso se la Tranzillo ha voluto dedicare il bis al suo maestro, consistente nel virtuosistico Capriccio n. 15 in mi minore di Paganini.
Relativamente all’Orchestra Giovanile Napolinova, diretta con bravura, energia ed entusiasmo dal maestro Francesco D’Ovidio, ha mostrato di possedere una sezione di archi di grande spessore e compattezza, caratteristiche emerse durante l’intera esibizione, compreso il bis rivolto a Palladio di Karl Jenkins, nato come brano di accompagnamento ad uno spot pubblicitario e poi ampliato dall’autore gallese per dare vita ad una sorta di “concerto grosso”.
Dal canto loro i fiati (l’organico prevedeva due corni e due oboi) hanno sofferto soprattutto una certa esuberanza dei corni, che tendevano a sovrastare eccessivamente il resto degli strumenti.
Una nota di merito conclusiva va agli spettatori (fra i quali vi era anche il sindaco De Magistris) che, nonostante una mattinata a dir poco inclemente, sono giunti numerosissimi al teatro Bellini per assistere al concerto, e sicuramente saranno rimasti soddisfatti per aver contribuito a supportare una realtà, come quella dell’Orchestra Giovanile Napolinova, già ben consolidata anche se ha da poco festeggiato il secondo anno di attività.
Giovane Mozart per una Giovane Orchestra
Oltrecultura: Recensioni Musica © - Sinfonica ®
Scritto da Katia Cherubini
Lunedì 16 Gennaio 2017 02:06
Quarto appuntamento con la grande musica al Teatro Bellini di Napoli, domenica 15 gennaio con l’Orchestra Giovanile Napolinova, fondata nel 2014 da Alfredo de Pascale, presidente dell’omonima Associazione, impegnata in un progetto chevalorizzando la musica classica ed offrendo un’alternativa altrettanto valida, se pur con un gruppo composto da giovani elementi dai 14 ai 28 anni, alla stagione sinfonica del San Carlo, evidenzia come i ragazzi dell’orchestra, allo scopo di costruire la propria esperienza artistica, investono su se stessi e sul loro talento.
Il programma monografico, dedicato al giovane Mozart,con due capolavori del genio salisburghese, il Concerto per violino ed orchestra K. 219e laSinfonia n. 29 K. 201, ha visto, come solista, la giovane e brava Federica Tranzillo, allieva del maestro Salvatore Accardo e del maestro Felice Cusano, cui ha dedicato, al termine della sua esecuzione, il Capriccio n. 15 di Paganini, con cui non ha fatto altro che confermare la sua bravura. Sul podio, il maestro Francesco D’Ovidio, che ha conseguito i diplomi di pianoforte, composizione, musica corale e direzione d’orchestra a Napoli, sua città natale.
Nella produzione di Mozart il violino ha sempre occupato un posto importante, anche se non principale come, per esempio, è stato il pianoforte. Egli, infatti, oltre ad essere un virtuoso di pianoforte era anche un buon violinista, basti pensare che il padre, Leopold, violinista e compositore, e’ ancora oggi ricordato per il suo celebre trattato di tecnica violinistica.
Il Concerto K219, ultimo del gruppo dei cinque concerti per violino e orchestra, composti tutti nel 1775, quando il compositore aveva diciannove anni e prestava servizio presso la corte arcivescovile di Salisburgo, presenta una scrittura violinistica matura, caratterizzata da un evidente dialogo tra solista e orchestra e una notevole inventiva musicale.
Non è conosciuta la circostanza e l’occasione della composizione, probabilmente il Concerto era stato composto per uso personale, quasi come se Mozart avesse voluto esplorare nuove possibilità formali all’interno della forma del concerto classico. Interessante l’uso della forma Rondò che Mozart usa nel finale di questo concerto, inserendo una sezione dilatata, stilisticamente diversa dalle altre, basata su elementi “alla turca”, abitudine, questa, diffusasi in Austria alla fine del XVIII secolo, che ha poco a che vedere con la reale musica orientale, trattandosi invece di una semplice impressione di sonorità esotica creata con effetti di percussione ottenuti dall’orchestra con l’ effetto “col legno battuto” degli archi. Un concerto che sembra seguire gli aspetti controversi del carattere del giovane Mozart, passando dalla soavità dell’Introduzione all’estro del Rondò finale. L’ opera è pervasa da un brio che non limita l’ espressività del violino solista, che acquista così il giusto rilievo nel rendere nella maniera più chiara ed espressiva la grande quantità di spunti musicali (il concerto dei tanti “unicum”), senza scadere in “distruttive” esternazioni virtuosistiche.
La Sinfonia in la maggiore K. 201 rappresenta una delle punte più alte nella produzione sinfonica del maestro salisburghese.
Pur presentando un organico ancora contenuto, l'architettura è molto elaborata e si articola, come il modello viennese, in quattro movimenti, di cui ben tre , ad eccezione del Minuetto, si presentano in forma-sonata.
Questa sinfonia testimonia il lento processo di affrancamento dallo stile compositivo “italiano”, che aveva caratterizzato le opere di Mozart bambino e adolescente, e il mutuare da Haydn il solido impianto, il particolare clima espressivo reso dalle due voci, quella del secondo violino, quasi una drammatica voce interiore, in contrasto con quella leggera ed elegante del primo violino. Evidente una notevole ricchezza contrappuntistica, un Andante che risulta essere uno dei primi esempi mozartiani di un tempo lento esteso e ricco di temi, un Minuetto che comincia in piano con i soli violini e un Allegro con spirito, degna conclusione di un’opera contenente “ lo svolgimento più ricco e drammatico che Mozart avesse mai scritto fino a quel momento”. Entusiasta dell’esecuzione, il numeroso pubblico ha chiesto ed ottenuto un meraviglioso bis che ha visto come protagonista della chiusura di un concerto di alto livello per la bravura dei giovanissimi interpreti, il primo tempo di Palladius di Karl Jenkis. Non è passata inosservata la presenza del Sindaco di Napoli che, a conclusione del concerto, è salito sul palco e si è lasciato fotografare con l’orchestra e la solista Federica Tranzillo.
Katia Cherubini
Il violoncello di Giovanni Gnocchi esalta le potenzialità dell’Orchestra Giovanile Napolinova
Articolo di Marco Del Vaglio
L’appuntamento mensile con “Domenica in Concerto”, rassegna la cui direzione artistica è affidata al maestro Alfredo de Pascale, ha visto salire sul palcoscenico del Teatro Bellini l’Orchestra Giovanile Napolinova, diretta da Luca Bagagli ed il violoncellista Giovanni Gnocchi.
La mattinata si è aperta con la Romanza in fa maggiore di Richard Strauss (1864-1949), completata nel 1883 e dedicata dall’autore allo zio Anton Ritter von Knözinger, magistrato attivo a Monaco.
L’autore individuò come solista il grande virtuoso ceco Hanuš Wihan, che tenne a battesimo il pezzo, sia nella versione cameristica (per violoncello e pianoforte), che in quella per strumento solista ed orchestra, da lui rielaborata.
Da ricordare che, nonostante si conoscesse l’esistenza di questo brano, l’originale è emerso quasi un secolo dopo, fra le carte conservate nell’archivio della casa del musicista a Garmisch, per cui è stato pubblicato nel 1978 e ha ricevuto la “prima” in tempi moderni soltanto nel 1986 a Dresda.
Secondo brano in programma, le Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra, op. 33, scritte nel 1877 da Pëtr Il’ič Ciaikovskij (1840-1893), costituite da un motivo di partenza, di stile mozartiano, sul quale il compositore russo costruì otto variazioni.
Concepite inizialmente per violoncello e pianoforte, furono poi estese all’intera orchestra, per cui l’autore russo, come spesso succedeva quando doveva elaborare brani solistici di un certo spessore, chiese la collaborazione di un virtuoso, affidandosi al tedesco Wilhelm Fitzenhagen, già dedicatario della versione per due strumenti.
Il successo fu enorme e, lo stesso anno, il lavoro venne pubblicato, ma già poco tempo dopo, sulla scia dei successi ottenuti eseguendo una personale elaborazione, Fitzenhagen iniziò a premere sull’editore Jurgenson, per ottenere una ristampa con le correzioni da lui apportate, legate anche alla differente successione delle diverse variazioni e alla soppressione di quella conclusiva.
Naturalmente Ciaikovskij, che pure aveva lasciato, durante la gestazione, ampia libertà al violoncellista, non gradì questa ulteriore ingerenza e ruppe ogni rapporto con Fitzenhagen.
Va infine ricordato, a questo proposito, che la versione del violoncellista venne accolta favorevolmente un po’ ovunque e ancora oggi risulta quella entrata nel repertorio di tutti i grandi solisti.
Dopo un breve intervallo, la seconda parte era interamente dedicata al complesso Siegfrid-Idyll per orchestra di Richard Wagner (1813-1883), nato come regalo di compleanno per la sua seconda moglie Cosima (figlia di Franz Liszt e Marie d’Agoult).
La particolarità del brano è che fu suonato per la prima volta la mattina di Natale del 1870, nella villa di Wagner a Tribschen, sobborgo di Lucerna, da una compagine formata da una quindicina di elementi dell’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, posizionata sulle scale che portavano alla camera di Cosima, che venne così dolcemente svegliata dalle note eseguite da questo piccolo gruppo di musicisti.
La composizione doveva rimanere in ambito privato ma, per problemi di natura economica, fu ceduta all’editore Schott, che la pubblicò nel 1878, in una nuova versione concepita dallo stesso Wagner per un organico allargato a 35 elementi.
Veniamo quindi ai protagonisti del concerto, cominciando da Giovanni Gnocchi, violoncellista di grandissimo talento, che ha interpretato i due brani in maniera impeccabile, trasmettendo le emozioni legate alla Romanza e la piacevolezza, unita al virtuosismo, delle “Variazioni”, avendo nel contempo la capacità di trainare l’intera orchestra, con la quale ha evidenziato un notevole affiatamento.
Per quanto riguarda l’Orchestra Giovanile Napolinova, diretta da Luca Bagagli, si è ottimamente comportata nella prima parte, ed ha svolto piuttosto bene il suo compito anche quando si è confrontata con il pezzo wagneriano che, per la sua complessità, necessita comunque di una lunga assimilazione prima di poter essere eseguito al meglio.
Pubblico numeroso ed entusiasta, che ha ottenuto un bis prima dell’intervallo, costituito dalla versione per violoncello ed archi dell’Andante cantabile, dal Quartetto n. 1 op. 11 di Ciakovskij.
In conclusione un concerto che conferma il valore di un’orchestra giovanile in progressiva maturazione, da seguire e sostenere, nell’ambito di una stagione capace ogni mese di proporre brani e autori celebri insieme a pezzi o musicisti di raro ascolto.